Troppi diritti by Alessandro Barbano

Troppi diritti by Alessandro Barbano

autore:Alessandro Barbano [Barbano, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852086298
editore: Mondadori
pubblicato: 2018-04-05T04:00:00+00:00


1. La legge costituzionale n. 3 del 18.10.2001 modifica il riparto delle funzioni legislative tra Stato e Regioni a vantaggio di queste ultime.

2. La Commissione parlamentare per le riforme costituzionali fu costituita nel 1997 e presieduta dal segretario del Pds, Massimo D’Alema.

XII

POCO PER TUTTI, NIENTE PER CHI STUDIA

La crisi del discorso pubblico è in rapporto diretto con la modestia della classe dirigente. Ed è l’effetto combinato della decadenza di quattro sistemi, che insieme fondano il logos della democrazia: i media, l’istruzione, la cultura e la giustizia. Se in concreto il racconto del Paese lo fanno i giornali, la tv e la Rete, di cui abbiamo fin qui trattato, il suo alfabeto si impara, o piuttosto si disimpara, a scuola. È ancora qui che si compone quella cassetta degli attrezzi mentali con cui l’individuo adulto maneggia la realtà. Mezzo secolo dopo la scelta della scolarizzazione pubblica di massa si devono difenderne le ragioni ideali e l’anelito democratico che la sostennero, senza però ignorarne il parziale fallimento rispetto agli obiettivi: la diffusione del sapere non ha scardinato il blocco sociale del vecchio Stato corporativo, per cui i figli dei dentisti continuano a fare i dentisti e lo stesso accade per i figli degli operai. Però, ha ridotto la capacità dei giovani di misurarsi con la difficoltà del leggere e del comprendere. La scuola ha tenuto fermo il principio, falsamente solidaristico, per cui il gruppo aspetta sempre chi arranca. Con l’effetto di rinunciare a fare dei migliori l’elemento trainante della società e di compattare la massa critica dei più fragili in una zavorra.

La crisi dell’istruzione italiana coincide con l’allineamento della specialità del sapere sul senso comune. Le ragioni di questo processo sono interne ed esterne. Le prime riguardano l’aver subordinato l’evoluzione del sistema alla domanda di occupazione della società piuttosto che all’offerta formativa, ricalcando una patologia propria di molti servizi pubblici in Italia, le cui regole di funzionamento sembrano scritte per chi ci lavora e non per gli utenti. Il rapporto che la politica ha storicamente stabilito con il mondo della scuola è quantitativo. Si fonda sulla sua capacità di assorbire quanti più insegnanti possibile. L’immagine che lo simboleggia è il precariato, esprimendo una cronica patologia che non ha eguali in Europa. Gli effetti del precariato sulla qualità dell’insegnamento sono stati per un cinquantennio, e continuano a esserlo, ignorati o sottovalutati dal sistema politico. La controposta di questa svalutazione è l’offerta che lo Stato ha fatto al cittadino-utente del valore legale del titolo, quel diploma che suggellava l’effettività del diritto allo studio, che nel tempo si è però rivelata una garanzia meramente formale.

Il precariato e il valore legale del titolo di studio sono i simboli di un patto a perdere tra la politica e la società italiana. Il contenuto del patto era lo scambio tra la legittimazione, che con il titolo di studio la politica dava alla società, e il consenso, che con il voto la società dava alla politica. Intermediario e officiante del patto è stato un sindacalismo corporativo preoccupato costantemente di difendere un egualitarismo da cui dipendeva la sua esclusiva.



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